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Francesco Venturini e Gloria Bedocchi sono, rispettivamente, un bancario e una farmacista, due amici che hanno sempre condiviso, oltre ai valori della Fede Cristiana, una grandissima passione per la musica, rispettivamente lui come autore di testi e lei come compositrice (in passato, ha fatto parte come cantante di diversi cori polifonici).
Durante un periodo della vita per loro non facile, hanno deciso di provare a coltivare la loro Fede Cristiana in modo ancora più attivo e, facendo leva sulla loro passione per la musica, è nata così il loro canto “Come un faro nel buio” (successivamente anche approvato dall’Ufficio Liturgico Diocesano dell’Arcidiocesi di Bologna), un canto con cui hanno voluto rendere grazie al Signore, che ha sempre per loro rappresentato una guida sicura per seguire per la giusta via da percorrere.

Come un faro nel buio
(testo di Francesco Venturini, melodia di Gloria Bedocchi, elaborazione e armonizzazione di Alessandra Mazzanti)

A Te, Signore, ci rivolgiamo,
con tutto il cuore noi Ti chiediamo
di perdonare i nostri peccati,
e grazie a Te saremo salvati…

Rit.
Come un faro nel buio sei per noi, Signore,
che ci illumina sempre nelle notti più oscure…
Quando noi Ti preghiamo vieni con la Tua luce
a indicarci la strada e a donarci la pace…

La Tua Parola è fonte di vita
di verità e di gioia infinita…
A chi la osserva Tu sei vicino,
In ogni istante lungo il cammino…

Sei Tu la sola via da seguire,
che non dobbiamo mai abbandonare…
Senza di Te noi siamo perduti:
vaghiamo disperati e smarriti…


Citazione spirituale

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Invece vorrei giocare

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Cairoli Laura

IO STO CON LA CHIESA

Insegnami a fare la Tua Volontà perchè sei il mio Dio
Fratello, lascia che ti insegni

Secondo un'antica tradizione sufica, i dervisci potevano raggiungere la più perfetta contemplazione ripetendo un certo mantra, o preghiera sacra. Il mantra in questione era: "Ya hu, ya hu".
Se ripetuto per un numero sufficiente di volte, non soltanto avrebbe portato alla più perfetta contemplazione, ma avrebbe persino permesso al derviscio di compiere miracoli e gesta straordinaria, come camminare sull'acqua.

Un giovane derviscio, che aveva come unico scopo quello di raggiungere le vette della contemplazione ma che era considerato da molti un sempliciotto, decise di lasciare il villaggio natio.
Vivendo tutto solo su un scoglio in mezzo a un lago, iniziò a ripetere con impegno il mantra giorno e notte. Essendo però così semplice e incolto, non diceva: "Ya hu, ya hu", bensì: "U ya hu, u ya hu", il che infastidiva notevolmente un derviscio molto più vecchio e saggio che viveva lì vicino, sulle rive del lago.
"Devo proprio andare ad aiutare questo giovane derviscio", pensò tra sè il saggio. Perciò attraversò il lago remando e parlò con il giovane derviscio seduto sullo scoglio:

"Mio caro giovane fratello, giorno e notte ti sento pronunciare in modo errato il nostro sacro mantra. Temo che non raggiungerai mai l'apice della contemplazione se non mi consenti d'insegnarti. Non dire: "U ya hu, u ya hu", ma piuttosto: "Ya hu, ya hu".
Il giovane derviscio ne fu felice, ringraziò profusamente il fratello e promise di seguire il consiglio.

Mentre remava verso la riva, soddisfatto di sè per la buona azione compiuta, il derviscio più vecchio rimase costernato udendo ancora una volta il mantra sbagliato risuonare dallo scoglio: "U ya hu, u ya hu".
Smise di remare, domandandosi che cos'altro avrebbe dovuto fare, ma soprattutto provando una grande irritazione per le persone ostinate che perseverano nell'errore.
Al colmo della frustrazione, alzò gli occhi e si trovò di fronte uno spettacolo quanto mai insolito: il giovane derviscio veniva verso di lui camminando sull'acqua. Una volta raggiunta la barca, s'inchinò umilmente e domandò:

"Scusami fratello e, ti prego, perdonami se sono così sciocco, ma potresti ripetermi la pronuncia esatta del sacro mantra? Sono proprio uno stupido e l'ho dimenticato di nuovo. Devo dire: "U ya hu, u ya hu" o "Hu ya hu, hu ya hu"?".

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