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Francesco Venturini e Gloria Bedocchi sono, rispettivamente, un bancario e una farmacista, due amici che hanno sempre condiviso, oltre ai valori della Fede Cristiana, una grandissima passione per la musica, rispettivamente lui come autore di testi e lei come compositrice (in passato, ha fatto parte come cantante di diversi cori polifonici).
Durante un periodo della vita per loro non facile, hanno deciso di provare a coltivare la loro Fede Cristiana in modo ancora più attivo e, facendo leva sulla loro passione per la musica, è nata così il loro canto “Come un faro nel buio” (successivamente anche approvato dall’Ufficio Liturgico Diocesano dell’Arcidiocesi di Bologna), un canto con cui hanno voluto rendere grazie al Signore, che ha sempre per loro rappresentato una guida sicura per seguire per la giusta via da percorrere.

Come un faro nel buio
(testo di Francesco Venturini, melodia di Gloria Bedocchi, elaborazione e armonizzazione di Alessandra Mazzanti)

A Te, Signore, ci rivolgiamo,
con tutto il cuore noi Ti chiediamo
di perdonare i nostri peccati,
e grazie a Te saremo salvati…

Rit.
Come un faro nel buio sei per noi, Signore,
che ci illumina sempre nelle notti più oscure…
Quando noi Ti preghiamo vieni con la Tua luce
a indicarci la strada e a donarci la pace…

La Tua Parola è fonte di vita
di verità e di gioia infinita…
A chi la osserva Tu sei vicino,
In ogni istante lungo il cammino…

Sei Tu la sola via da seguire,
che non dobbiamo mai abbandonare…
Senza di Te noi siamo perduti:
vaghiamo disperati e smarriti…


Citazione spirituale

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IO STO CON LA CHIESA

Signore, salvaci perchè siamo in pericolo
La ciotola del mendicante

Chandrakant era un mendicante indiano che si riteneva il più abietto degli abietti.
"Sono un buono a nulla", si ripeteva spesso. "Sono inutile, un parassita. Nessuno mi ama e nessuno mi amerà mai!".

La sola cosa che potesse davvero definire sua era una vecchia e sudicia ciotola che non lasciava mai il suo fianco e che spingeva continuamente davanti a chiunque riteneva potesse dargli un pò di denaro.
Talvolta la porgeva timidamente, ben conscio della propria inadeguatezza; altre volte il suo gesto era sfacciato, quasi vendicativo, soprattutto con le persone per le quali provava invidia.
Nutriva spesso tale sentimento; perciò era con soddisfazione, piuttosto che con vergogna, che accettava la carità. Sovente entrava nei negozi e chiedeva l'elemosina tanto ai commercianti quanto ai clienti.

Un giorno, dopo essersi introdotto nella bottega di un antiquariato, spinse la sua vecchia e pesante ciotola da mendicante sotto il naso del proprietario.

"La prego, abbia pietà di me. Solo quanto basta per un tozzo di pane. Ho fame. Abbia pietà!".
L'antiquario si limitò a fissare quella ciotola sudicia. Poi la tolse di mano a Chandrakant dicendo:
"Fammi guardare più da vicino questa tua sporca ciotola".
"La prego, signore...", supplicò Chandrakant. "Me la ridia..E' la sola cosa...".
"Solo un momento", lo interruppe il negoziante. "Sei uno strano tipo di mendicante. Vali più di me".
"La prego, signore, non mi prenda in giro. Vorrei solo...".
"Sto parlando sul serio. Non sei povero. Quella tua enorme ciotola...Perchè non la vendi? E' d'oro puro e massiccio".

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