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Francesco Venturini e Gloria Bedocchi sono, rispettivamente, un bancario e una farmacista, due amici che hanno sempre condiviso, oltre ai valori della Fede Cristiana, una grandissima passione per la musica, rispettivamente lui come autore di testi e lei come compositrice (in passato, ha fatto parte come cantante di diversi cori polifonici).
Durante un periodo della vita per loro non facile, hanno deciso di provare a coltivare la loro Fede Cristiana in modo ancora più attivo e, facendo leva sulla loro passione per la musica, è nata così il loro canto “Come un faro nel buio” (successivamente anche approvato dall’Ufficio Liturgico Diocesano dell’Arcidiocesi di Bologna), un canto con cui hanno voluto rendere grazie al Signore, che ha sempre per loro rappresentato una guida sicura per seguire per la giusta via da percorrere.

Come un faro nel buio
(testo di Francesco Venturini, melodia di Gloria Bedocchi, elaborazione e armonizzazione di Alessandra Mazzanti)

A Te, Signore, ci rivolgiamo,
con tutto il cuore noi Ti chiediamo
di perdonare i nostri peccati,
e grazie a Te saremo salvati…

Rit.
Come un faro nel buio sei per noi, Signore,
che ci illumina sempre nelle notti più oscure…
Quando noi Ti preghiamo vieni con la Tua luce
a indicarci la strada e a donarci la pace…

La Tua Parola è fonte di vita
di verità e di gioia infinita…
A chi la osserva Tu sei vicino,
In ogni istante lungo il cammino…

Sei Tu la sola via da seguire,
che non dobbiamo mai abbandonare…
Senza di Te noi siamo perduti:
vaghiamo disperati e smarriti…


Citazione spirituale

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Cairoli Laura

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O pietoso Signore Gesù dona loro riposo e pace
Margaret

Margaret era un’insegnante giovane, entusiasta e molto nota nell’ambiente scolastico. I suoi allievi l’amavano e i loro genitori pensavano di lei ogni bene possibile. Era apprezzata e rispettata dai colleghi, ammirata dai superiori e dalle autorità scolastiche.


Amava stare con i bambini, parlare con essi e unirsi ai loro giochi durante la ricreazione. Tutti, compresi i suoi scolari, la chiamavano per nome.


Quando la direttrice andò in pensione, molti altri membri del personale, dirigenti e genitori chiesero a Margaret di far domanda per quel posto. Lei in realtà non aveva mai aspirato a una posizione di comando, ma alla fine si lasciò persuadere a compilare la domanda. Dopo essere stata selezionata e sottoposta a un colloquio, fu nominata nuova direttrice.


Le congratulazioni che seguirono resero Margaret davvero felice del nuovo incarico, ma al tempo stesso si domandava se, isolata nel proprio ufficio, non avrebbe sentito la mancanza di un contatto più stretto con i bambini che era abituata a vedere ogni giorno in classe. Ben presto, tuttavia, i bambini furono di dimostrarle la stessa amicizia e, durante ogni ricreazione, si accalcavano alla sua porta per parlarle o per invitarla a partecipare ai loro giochi. E tutti continuavano a chiamarla semplicemente “Margaret”.


Spesso i bambini rientravano in classe in ritardo dopo la ricreazione, tanta era stata la ressa nell’ufficio della nuova direttrice. Preoccupata per questo, Margaret decise di adottare un approccio più rigido. Da quel momento gli alunni si sarebbero dovuti disporre ordinatamente in fila fuori della porta, senza cercare di entrare tutti insieme. Inoltre, disse loro di chiamarle “direttrice”, anziché usare il troppo familiare “Margaret”.


Cominciarono a formarsi file più ordinate, ma nessuno sembrò prestare attenzione alla richiesta di Margaret di essere chiamata “direttrice”. Tutti continuarono a usare il suo nome di battesimo. E questo cominciò a seccarle.


Decise quindi di far stampare un cartello con su scritto a grandi lettere: “DIRETTRICE” e lo pose davanti a sé sulla scrivania. Eppure, adulti e bambini seguitavano a chiamarla “Margaret”.


Sebbene sempre meno bambini cercassero la sua attenzione durante la ricreazione, lei era sempre più seccata per il modo confidenziale con il quale le si rivolgevano. Perciò fece stampare un cartello molto grande, che fosse impossibile non vedere:


“DIRETTRICE”


e se lo pose immediatamente davanti, indicandolo e insistendo che doveva essere chiamata in quel modo.


Purtroppo, nessuno sembrò fare caso al cartello, né curarsi di rivolgersi a lei con qualsivoglia appellativo. Il cartello era talmente grande, che i bambini non riuscivano a vedere dietro di esso. Qualunque bambino entrasse nell’ufficio di Margaret credeva che non ci fosse nessuno e se ne andava immediatamente.


Alcuni dei più fedeli tornarono qualche altra volta, ma alla fine si stancarono di trovare la stanza apparentemente vuota. Così Margaret rimase lì tutta sola, finalmente rispettata da tutti, ma senza più amici, triste, solitaria e dimenticata.

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